Il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158, entrato in vigore il 22 ottobre 2015, ha attuato la c.d. “delega fiscale”, intervenendo sul D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, in materia di reati tributari. Tra le novità di impatto immediato va sottolineato l’innalzamento delle soglie di punibilità di cui agli artt. 10 bis e 10 ter del medesimo decreto, in materia di omesso versamento di ritenute certificate nonché di omesso versamento IVA, che rappresentano due delle principali contestazioni mosse ad imprenditori di tutto il Paese. In particolare, il reato di omesso versamento di ritenute certificate diviene rilevante sotto il profilo penale al superamento di euro 150.000,00 (mentre sotto la previgente disciplina l’ammontare era pari ad euro 50.000,00) per ciascun periodo di imposta, mentre quanto all’omissione IVA, l’importo è stato innalzato da euro 50.000,00 ad euro 250.000,00.
Tenuità del fatto – D. Lgs. 16 marzo 2015, n. 28
Il decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28 ha introdotto nell’ordinamento l’istituto della tenuità del fatto, inserendo, in particolare, l’art. 131 bis del codice penale. L’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto si applica in presenza di alcuni requisiti, ed in particolare per reati che prevedono la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, nei casi in cui – per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo – l’offesa è da ritenere tenue ed il comportamento risulta non abituale. Sotto il profilo processuale, poi, il medesimo decreto legislativo ha modificato l’art. 411 c.p.p., introducendo la possibilità, per il pubblico ministero, di richiedere l’archiviazione al giudice per le indagini preliminari (cd. gip) anche per tenuità del fatto, prevedendo correlativamente la possibilità, per la persona offesa, di opporvisi (come già previsto, peraltro, con riferimento ad altre ipotesi), instaurando così una procedura incidentale in camera di consiglio.
Messa alla prova – Legge 28 aprile 2014, n. 67
La legge 67/2014 ha esteso al processo penale un istituto che era già previsto esclusivamente nel procedimento a carico di imputati minorenni, introducendo l’art. 168 bis c.p. e gli artt. 464 bis ss. c.p.p. che disciplinano la sospensione del procedimento con messa alla prova, ovvero un nuovo rito alternativo che si aggiunge ai cinque procedimenti speciali dell’ordinamento (giudizio abbreviato, patteggiamento, decreto penale di condanna, immediato e direttissimo). In particolare, per i reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, l’imputato può chiedere al giudice che il procedimento sia sospeso nel periodo in cui il predetto è, per l’appunto, sottoposto “alla prova”. Nello specifico, si tratta dell’esecuzione di un programma di trattamento con svolgimento di lavori di pubblica utilità ed adempimento di prescrizioni personalizzate, previa eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato nonché, ove possibile, risarcimento del danno. Il superamento della prova – che non può comunque superare i due anni nei casi più gravi – comporta una declaratoria di estinzione del reato, mentre in caso di esito negativo il procedimento riprende il suo corso nel punto in cui era stato interrotto.