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BRENELLI RIBOLDI TROGLIA

Contraffazione di marchi e segni distintivi

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12365/2025 ribadisce alcuni concetti in materia di contraffazione evidenziando, quanto al reato di cui all’art. 474 c.p., che, ai fini della sua sussistenza, allorché si tratti di marchio di larghissimo uso e di incontestata utilizzazione da parte delle relative società produttrici (nel caso esaminato dalla sentenza si trattava di cellulari), non è richiesta la prova della sua registrazione, gravando in tal caso l’onere di provare la insussistenza dei presupposti per la sua protezione su chi tale insussistenza deduce.

Più in generale, viene nuovamente chiarito che il concetto di contraffazione presuppone la riproduzione integrale in tutta la sua configurazione emblematica e denominativa di un marchio o di un segno distintivo, mentre per alterazione (costituente parimenti condotta punibile a norma degli artt. 473 e 474 c.p.), si intende la riproduzione solo parziale ma tale da potersi confondere con il marchio originario o con il segno distintivo.

La sentenza in commento sottolinea altresì che più il marchio gode di rinomanza (circostanza che nella disciplina civilistica lo rende tutelabile, a norma dell’articolo 20 lettera c) del codice di proprietà industriale, a prescindere addirittura da ogni confondibilità del segno e dal settore merceologico in cui si colloca il prodotto) più lo stesso è dotato di una forte capacità distintiva, con la conseguenza che, nella valutazione complessiva dei segni posti a raffronto, eventuali elementi di differenziazione aventi carattere secondario presenti nei segni contraffattori non incidono sulla positiva valutazione di falsità.

https://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snpen&id=./20250331/snpen@s50@a2025@n12365@tS.clean.pdf

 

 

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